Sistemi di raffrescamento 2.0: soluzioni green che ti faranno risparmiare sulla bolletta

Sistemi di raffrescamento 2.0: soluzioni green che ti faranno risparmiare sulla bolletta

Raffrescamento radiante collegato a una pompa di calore: cos’è e come funziona.

L’estate si avvicina e con essa il caldo e l’umidità sono pronti ad invadere le nostre case!

Il sistema di raffrescamento radiante si sta rivelando un’opzione molto innovativa ed efficace.

Sia il raffrescamento che il riscaldamento radiante sfruttano il principio dell’irraggiamento, secondo cui un corpo caldo cede calore ad un corpo freddo. Mediante le onde elettromagnetiche il fresco, o il caldo, si propagano nell’ambiente.

Questo sistema permette non solo di raffrescare, ma anche di riscaldare, con un solo impianto: la pompa di calore (sistema aria/acqua).

Per installare un sistema di raffrescamento/riscaldamento radiante vengono disposti dei pannelli o dei tubi sotto al pavimento che sono dotati di serpentine in cui scorre l’acqua (a circa 35° se si vuole riscaldare l’ambiente, tra i 12° e il 16° se si vuole raffrescarlo. Queste serpentine, generalmente disposte a chiocciola e collegate a dei collettori, sono alimentate da una pompa di calore idronica regolata tramite termostati ambiente o di zona.

Il sistema di raffrescamento radiante si distingue dagli apparecchi tradizionali perché tramite il termostato verifica il tasso di umidità presente nell’ambiente e regola la temperatura su di esso. Questo aspetto è fondamentale perché permette di avere un ambiente con la temperatura necessaria a raffrescarlo o a riscaldarlo, evitando consumi spropositati di energia.

Ma sono presenti altri benefici da questa innovativa tecnica di raffreddamento e riscaldamento degli ambienti:

  • Sicurezza: le pompe di calore, a cui sono collegati, non sono allacciate al gas e non hanno serbatoi pieni di combustibili che possono essere nocivi sia per la salute che per l’ambiente. Per questo motivo non sono soggette ai controlli periodici ed eliminano il rischio di esplosioni o incendi.
  • Diminuzione dei costi di manutenzione
  • Eliminazione della caldaia: il sistema di raffrescamento, essendo collegato ad una pompa di calore, permette di sostituire la tradizionale caldaia, dato che la pompa produce anche acqua calda per la climatizzazione invernale
  • Risparmio in bolletta
  • Rimozione dei termosifoni: l’assenza dei classici ed ingombranti radiatori permette un arredamento più libero e non condizionato alla disposizione dei termosifoni
  • Possibilità di posizionare a parete o a soffitto i pannelli radianti se non si vuole toccare il pavimento

  

Climatizzatore: cos’è e come funziona.

Il climatizzatore, a differenza di un condizionatore che riscalda o raffresca l’ambiente attraverso l’immissione di aria da una ventola regolata solo in base alla velocità, implementa queste stesse funzioni grazie alla deumidificazione e alla regolazione della temperatura. Con l’ausilio di appositi filtri inoltre, elimina batteri e impurità presenti nell’aria.

Il climatizzatore conta unità interne, una o più di una, collegate ad un’ unità esterna a pompa di calore (sistema aria/aria). Le unità interne possono essere di vario tipo: a parete (gli split, posizionati in alto o le console, posizionati in basso), a cassetta o canalizzate nel controsoffitto.

Esistono due tipi di climatizzatori a split: monosplit e multisplit. Il primo collega all’unità esterna una sola unità interna, raffrescando o riscaldando un’unica stanza; mentre il secondo permette di collegare all’ unità esterna più unità interne, regolando in questo modo la temperatura in più stanze contemporaneamente.

Con i climatizzatori monosplit, nel caso più semplice d’installazione, non è necessaria alcuna canalizzazione per portare aria calda o fredda all’interno delle stanze, ma solamente due tubi collegati alla pompa di calore. In questo modo si risparmia energia elettrica e si riduce l’inquinamento ambientale, evitando le perdite di carico.

I climatizzatori inverter, sebbene più costosi dei precedenti sistemi on-off dove il compressore veniva acceso e spento per l’immissione dell’aria, consentono un maggiore risparmio energetico poiché la potenza erogata è variabile e graduale secondo la temperatura dell’ambiente da raffreddare o riscaldare.

La climatizzazione collegata ad una pompa di calore: una scelta ecosostenibile e responsabile

L’ aspetto sicuramente più interessante e importante è il basso impatto ambientale delle pompe di calore che regolano il raffrescamento. Le pompe di calore traggono energia dall’acqua, dalla terra o dall’aria (l’ energia è quindi rinnovabile) e non emettono sostanze dannose per l’ambiente.

Nel 2014 la Commissione Europea ha condannato l’Italia per la violazione delle norme imposte dall’Unione Europea sull’inquinamento atmosferico. Da allora, i governi italiani hanno messo in atto una serie di agevolazioni fiscali per migliorare le abitazioni e diminuire l’inquinamento. Il raffrescamento a pavimento collegato alla pompa di calore permette di rispettare tali norme.

Se si sceglie di installare una pompa di calore per collegarla al sistema di raffrescamento/riscaldamento radiante o un climatizzatore, si può far salire la propria abitazione anche di ben due classi energetiche. Inoltre, per tutto il 2021 è possibile usufruire dell’Ecobonus e del Bonus casa per installare la pompa di calore anche con lo sconto in fattura o la cessione del credito. (per maggiori info, vedi: “Superbonus o Ecobonus? Questo è il dilemma!)

Vuoi risparmiare sulla bolletta?
Vuoi avere un unico impianto per riscaldare e raffrescare la casa o l’ufficio?
Vuoi rispettare l’ambiente riducendo l’inquinamento domestico?

Il raffrescamento a pavimento è la soluzione ideale!

È ora di buttare i ventilatori, le pale a soffitto, i vecchi condizionatori e i termosifoni; per fare spazio alla climatizzazione invisibile e super efficiente!

Superbonus o Ecobonus? Questo è il dilemma!

Superbonus o Ecobonus? Questo è il dilemma!

Dal 2020 sentiamo parlare di agevolazioni per migliorare le nostre case, ma le informazioni che ci arrivano sono spesso troppo tecniche e poco chiare.

Proviamo a mettere a confronto i bonus per capire quale sia più conveniente e quali agevolazioni sono previste.

Superbonus 110%: come funziona.

Il Superbonus 110 per cento ci è stato presentato come la soluzione ideale per la riqualificazione energetica degli edifici e per effettuare dei miglioramenti nelle nostre case con la messa in sicurezza strutturale (sisma bonus).
È vista come la soluzione più efficace per risolvere una serie di problematiche (tetti che vanno rifatti, caldaie che vanno sostituite, finestre vecchie che vanno rimpiazzate), senza sborsare un centesimo.

Ma è vero che non dobbiamo sborsare un centesimo?

Dipende, se abbiamo capienza fiscale possiamo scegliere di portare in detrazione l’ammontare della spesa al 110% in soli 5 anni che vuol dire, che per chi ha la liquidità può essere considerata una forma alternativa d’investimento con rendimento sicuro e vantaggioso; altrimenti ai sensi dell’art. 121 del DL 34/2020 possiamo chiedere lo sconto immediato in fattura o la cessione del credito e in questo casi non dobbiamo sborsare un centesimo!

Con il nuovo Decreto Rilancio è prevista la trasformazione, in sconto sul corrispettivo dovuto o in credito d’imposta cedibile, delle detrazioni fiscali, previste in relazione a spese sostenute, dal 01 Gennaio 2020 al 31 Dicembre 2021 ad oggi prorogate sino al 2023 anche per interventi di efficienza energetica e ristrutturazione edilizia.

In luogo dell’utilizzo della detrazione (cioè tramite il suo scomputo in dichiarazione dei redditi), potrete optare alternativamente tra:

  • un “contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore, “con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti”;
  • la trasformazione della detrazione in “credito d’imposta anche ad un prezzo inferiore rispetto al valore nominale della detrazione fiscale e con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari”, per esempio quando effettui un intervento trainante e trainato al 110% sulla tua casa per il quale decidi di cedere il credito a una banca monetizzando subito il vantaggio fiscale.

Per entrambi i casi, il DL prevede altresì, come novità, che il credito d’imposta possa essere acquistato da qualsiasi soggetto e che non ci sia alcun limite al numero delle cessioni effettuabili.

Che sia lo sconto in fattura o cessione del credito d’imposta questi sono gli interventi ammessi:

  • Recupero del patrimonio edilizio
  • Efficienza energetica
  • Adozione di misure antisismiche
  • Recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti
  • Installazione di impianti fotovoltaici
  • Installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici

Bonus casa e Ecobonus: cosa sono e come funzionano.

superbonus ecobonus

le percentuali sono più basse rispettivamente del 50 e 65 ed infatti è più snella la procedura per accedervi. Come per il 110, anche per i singoli interventi legati alle ristrutturazioni edilizie e alla riqualificazione energetica è riconosciuta all’acquirente lo sconto immediato in fattura ai sensi del richiamato art. 121.

In queste fattispecie non occorre produrre una documentazione infinita.
Il bonus casa e l’Ecobonus non sono soggetti ad alcuna approvazione da parte di figure tecniche per la fruizione.

Superbonus 110%: pro e contro

PRO

  • riqualificazione dell’immobile sia dal punto di vista strutturale con il sisma bonus che dal punto dell’efficienza energetica con le sostituzioni di vecchi sistemi per il riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria con sistemi innovativi;
  • il 110 per cento include anche interventi ex novo, come per il fotovoltaico che a seguito della circolare dell’agenzia delle entrate 30/2020 e alla legge di Bilancio 2021 da dicembre, può essere posizionato su una pertinenza, quindi non direttamente sull’edificio stesso purché a servizio dell’abitazione.

CONTRO

  • Documentazione ampia e numerosa che riguarda l’intero edificio e le singole abitazioni;
  • Necessario raggiungere attraverso gli interventi riqualificanti il salto di almeno due classi energetiche sull’immobile;
  • Condizioni delle unità immobiliari esattamente identiche a quelle dichiarate nel catasto (se avete fatto una qualsiasi modifica, anche piccola, che non è stata condonata, la richiesta del Superbonus non sarà accettata);
  • Se si opta per la cessione del credito ad un Istituto di Credito, anche il tempo che quest’ultimo si prenderà per valutare il merito creditizio del committente/fornitore;
  • Dichiarazione di conformità dei documenti prodotti;
  • Per chi installa un impianto fotovoltaico non può essere stipulata la Convenzione di Scambio sul Posto, quindi il GSE non è previsto.

Bonus Casa 50% e Ecobonus 65%: pro e contro

PRO

  • Non servono le asseverazioni di tecnici abilitati (può bastare solo la dichiarazione del produttore dei beni del rispetto dei requisiti tecnici minimi del prodotto);
  • Se volessi realizzare un impianto fotovoltaico con accumulo o fare entrambi anche separatamente pagheresti solo la metà dell’importo dovuto;
  • Se volessi sostituire il vecchio impianto di climatizzazione invernale con uno più efficiente pagheresti solo il 35% del valore complessivo.

CONTRO

Aliquote ridotte rispetto al 110 per cento!

Vuoi saperne di più sul Bonus 110%, clicca qui e leggi anche l’articolo di Equadro dedicato all’argomento

Se hai bisogno di approfondimenti, Carmen e Viviana sono a tua completa disposizione per una consulenza.

Come fare manutenzione di un impianto fotovoltaico

Come fare manutenzione di un impianto fotovoltaico

Ogni immobile, ogni impianto fotovoltaico, ogni macchinario si basa non solo su una progettazione corretta, ma anche su un mantenimento costante ed ecco perché oggi siamo qui a parlare di manutenzione degli impianti fotovoltaici.

Come ogni intervento di manutenzione, anche quella di un impianto fotovoltaico si può suddividere in:

  • manutenzione ordinaria dell’impianto fotovoltaico, prevedibile e programmata e
  • manutenzione straordinaria, ovvero dovuta a interventi che non possono essere messi a calendario in anticipo.

Ecco la differenza fondamentale tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria di un impianto fotovoltaico.

Ogni impianto fotovoltaico ha un naturale degrado e una naturale perdita di efficienza che però possono essere molto più di quelli standard se non viene effettuata una costante manutenzione ordinaria che è composta da alcune attività principali:

  1. Pulizia dei pannelli che sono esposti quotidianamente alle intemperie, al passaggio di volatili e altri animali, alla caduta del fogliame; tutto questo danneggia e sporca i pannelli che così perdono di efficienza
  2. Controllo visivo e strumentale delle funzionalità dei moduli e dei vari componenti
  3. Monitoraggio costante dell’inverter, il componente che trasforma l’energia solare in corrente elettrica utilizzabile, in modo da ottenere sempre la migliore performance possibile dell’impianto fotovoltaico
  4. Controllo e manutenzione dell’impianto elettrico.
  5. Analisi e controllo della produttività dell’impianto.

All’interno delle operazioni di manutenzione ordinaria di un impianto fotovoltaico possiamo annoverare anche il revamping, ovvero l’aggiornamento e miglioramento di impianti fotovoltaici già in opera da diversi anni.

È normale che alcuni componenti di questi impianti fotovoltaici debbano essere sostituiti perché danneggiati o perché non più a norma o anche per migliorare la produttività dell’intero sistema.

Come detto prima le attività di manutenzione straordinaria di un impianto fotovoltaico sono tutte quelle non programmabili ma necessarie per ripristinare o incrementare la sua potenza iniziale (in questo caso parliamo di repowering).

Gli interventi di manutenzione straordinaria degli impianti fotovoltaici si rendono necessari in due casi:

  1. durante un intervento di manutenzione ordinaria se si sono riscontrati danni ingenti oppure cali sostanziali del rendimento
  2. per eventi eccezionali non prevedibili

 

La maggior parte di queste attività, sia ordinarie sia straordinarie, devono essere svolte in alte condizioni di sicurezza, ad esempio la pulizia dei pannelli che non è di per sé un’attività tecnicamente complessa, rientra però nell’ambito dei lavori in quota (cioè svolti a un’altezza superiore ai due metri) e pertanto va effettuata ottemperando a determinate norme.

Lo stesso vale per le verifiche e gli interventi sull’inverter e sull’impianto elettrico che devono essere portati avanti da personale formato come PES e PAV (persona esperta e persona avvertita in materia di lavori elettrici).

Ecco perché le attività di manutenzione del tuo impianto fotovoltaico vanno affidate a dei professionisti.

Ma quanto costa questo tipo di intervento e come si svolge? Puoi trovare quello che ti serve qui.

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Come migliorare la qualità dell’aria interna

Come migliorare la qualità dell’aria interna

Quando si parla di inquinamento dell’aria si pensa a fabbriche, automobili, gas serra, caldaie e perfino camini e stufe a legna.

Ma c’è un secondo tipo di inquinamento atmosferico ed è quello che riguarda l’aria degli ambienti interni.

Probabilmente ora stai pensando: “Sì, certo, negli ambienti di lavoro è un grosso problema!” ma se pensi che il tutto si riduca a un problema di salute nei luoghi di lavoro stai, purtroppo, sbagliando: il problema della qualità dell’aria interna riguarda tutti noi, ogni giorno, nei nostri ambienti di vita, case, scuole incluse. Materie plastiche, colle del legno, detersivi, disinfettanti, polveri fanno parte della nostra quotidianità e a questi si aggiungono acari, virus e batteri.

La ventilazione meccanica controllata (VMC) per migliorare la qualità dell’aria interna

Se l’industrializzazione ci ha portato inquinamento chimico, da sempre quelli biologici fanno parte delle nostre vite, ma ora l’evoluzione tecnologica ci ha dotati di un sistema che migliora in modo significativo la qualità dell’aria interna.

Si chiama ventilazione meccanica controllata e diluisce gli inquinanti interni chimici e biologici permettendo il corretto ricambio d’aria anche quando non si possono aprire le finestre per garantire il ricambio naturale.

Perché è così importante cambiare l’aria, soprattutto ora con la crisi da COVID-19?

Perché il ricambio permette di disperdere le goccioline di aerosol che ognuno di noi emette parlando, respirando, starnutendo.

Se l’aria è in movimento, queste piccole gocce si disperdono, ma se c’è ristagno, come accade negli ambienti chiusi male areati, la loro concentrazione aumenta con l’aumentare della presenza di persone.

La ventilazione meccanica controllata (VMC) è la risposta giusta a questo problema perché grazie all’estrazione di aria umida e all’immissione di aria fresca sostituisce il ricambio naturale quando questo non è ottimale, inoltre funge durante il periodo invernale anche da deumidificatore.

Come funziona un sistema di ventilazione meccanica controllata (VCM)?

Nel caso di nuovi edifici in cui  si migliora la resa in termini di energia si provvede, nella maggior parte dei casi, anche a predisporre un cappotto isolante con  il rischio però di formazione di muffe.

Questo rischio lo possiamo prevenire nelle nuove abitazioni, attraverso un dispositivo centrale che distribuisce l’aria fresca in tutte le stanze con un sistema di canalizzazione, integrato generalmente nel soffitto o nelle pareti.

Dell’impianto sono visibili quindi solo le bocchette di ventilazione. Il ricambio dell’aria viene gestito automaticamente dall’unità centrale.

Nei vecchi edifici le cose sono più complesse perché si interviene su qualcosa che c’è già.

La soluzione ideale per evitare interventi invasivi è quella di realizzare un sistema decentralizzato di ventilazione attraverso dei fori su parete, con un sistema che garantisce il continuo ricambio d’aria grazie a due unità in funzionamento alternato: mentre una immette aria di rinnovo in ambiente, l’altra estrae l‘aria viziata verso l’esterno.

Il calore contenuto nell’aria estratta riscalda lo scambiatore ceramico. Dopo circa 70 secondi il ventilatore inverte la direzione del flusso e il calore accumulato nello scambiatore viene ceduto all‘aria di rinnovo.

Abitazioni, uffici, scuole e luoghi di vita in generale meritano la nostra attenzione perché influenzano la nostra salute proprio come l’ambiente esterno, soprattutto per quanto riguarda l’aria che respiriamo.

Per maggiori informazioni scrivici compilando il form di contatto.

    Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi e per gli effetti del Reg.to UE 2016/679 nel rispetto delle disposizioni di legge. Titolare del trattamento dei dati è Equadro srls.

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    È possibile raggiungere una vera autosufficienza energetica?

    È possibile raggiungere una vera autosufficienza energetica?

    Sai cos’è l’autarchia? L’enciclopedia Treccani la definisce così:

    “Condizione di un paese che mira all’autosufficienza economica, nell’obiettivo di produrre sul territorio nazionale i beni che consuma o utilizza, limitando o annullando gli scambi con l’estero.”

    Se storicamente è associato ormai in modo dissolubile ai regimi totalitari del XX secolo, questo termine è tornato di moda negli ultimi anni per definire un sogno di molte persone: raggiungere una vera e completa autosufficienza energetica.

    Lasciando perdere gli scenari un po’ inquietanti da film americano con pazzi survivalisti che vivono isolati dal mondo, bisogna ammettere che la continua crescita dei costi energetici, l’inquinamento e, siamo onesti, anche l’incubo delle compagnie in mercato libero che ti chiamano a ogni ora hanno contribuito a diffondere il desiderio di vivere in abitazioni che autoproducano l’energia di cui necessitano.

    Purtroppo sul tema dell’autosufficienza energetica c’è ancora tantissima confusione, quindi ora faremo chiarezza ponendoci alcune domande.

    Si può essere autosufficienti al 100%?

    No, onestamente dobbiamo dire di no.

    O sei davvero un survivalista che decide di rinunciare a molte delle moderne comodità a cui sei abituato, o potrai tendere al 100% ma non lo raggiungerai mai davvero. Basterà un’annata più piovosa del normale per abbassare il rendimento dei tuoi impianti solari, portandoti sotto la produzione minima stimata e metterti in condizione di acquistare energia dalla rete tradizionale.

    E se, come noi, ti interessi di tematiche ambientali sai benissimo che il riscaldamento globale rende questa eventualità tutt’altro che remota.

    Ma un 80-90% di indipendenza è già un gran bel risultato non trovi?

    Mi basta installare i pannelli fotovoltaici per dire addio alle bollette?

    No. Sappiamo che vorresti una soluzione facile stile “Metto questo e il gioco è fatto” ma ti mentiremmo.

    Massimizzare l’indipendenza energetica di un edificio è molto di più.

    Dopo aver stimato correttamente i tuoi bisogni energetici, dovrai calcolare che solo il 30% di quelli elettrici è coperto da un impianto fotovoltaico semplice.

    Per aumentare questa quota sfruttando l’energia prodotta in eccesso dovrai montare un sistema di accumulo e passare dal riscaldamento tradizionale alla pompa di calore o al solare termico (per capire le differenze leggi qui).

    Inoltre sarà indispensabile ridurre al minimo gli sprechi energetici con azioni quotidiane che puoi trovare in questo articolo, ma anche attraverso altri accorgimenti che ci portano di volata alla prossima domanda.

    Ogni abitazione può arrivare all’autosufficienza energetica?

    Sempre in linea teorica sì, ma in pratica chiediti questo: se vivi in una casa costruita negli anni ’70 con l’edilizia standard dell’epoca (quella che si definiva “in economia”), quanto dovrai investire per eliminare le dispersioni energetiche date dagli infissi inadeguati, i muri troppo sottili o in foratoni, i materiali ad alta dispersione e l’impianto elettrico non sezionabile?

    Per non parlare degli appartamenti di un condominio ovviamente!

    I valori più alti di indipendenza energetica si possono raggiungere nelle cosiddette abitazioni NZEB (Nearly Energy Zero Building) ovvero edifici con consumo energetico prossimo allo zero grazie l’utilizzo di tecnologie e impianti per ridurre al minimo i consumi energetici (cappotto, infissi, pompa di calore ecc.) e gli sprechi (come la domotica per spegnere le luci e regolare la climatizzazione).

    Se devi acquistare una nuova casa o costruirne una da zero valuta questo tipo di costruzioni e il tuo sogno autarchico sarà molto più concreto (ma ricorda quel “nearly”!).

    Cosa posso fare per avvicinarmi sempre di più all’indipendenza?

    Il desiderio di indipendenza energetica deve essere come quello di indipendenza decisionale dai genitori: non una ribellione fine a se stessa ma una presa di coscienza che ci porterà a essere individui migliori, più responsabili e attenti al mondo che abbiamo intorno e non solo al nostro portafogli.

    Quindi, come ti abbiamo detto sopra, non basta “installare cose”, servono scelte quotidiane piccole ma costanti, e anche scelte un po’ forti come, ad esempio, scegliere l’elettrico (non l’ibrido) per la propria auto, oppure, potendo, non avere l’auto ma muoversi coi mezzi, in bici, a piedi e sfruttando il car sharing quando proprio serve.

    Perciò ora ti chiediamo: quale sarà la tua prossima scelta di indipendenza? Scrivici qui sotto nei commenti.

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